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Chirurgia protesica dell'anca

Oggi la chirurgia protesica vanta oltre 60 anni di risultati e centinaia di migliaia di impianti in tutto il mondo.
I risultati sono spettacolari per circa il 95-98% dei casi, con un perfetto ripristino della funzionalità dell’articolazione e con una durata che va dai 10 a oltre 20 anni, in funzione del peso, della qualità dell’osso e dell’intensità dell’attività del paziente, dati per scontati una perfetta esecuzione chirurgica e la scelta di una protesi di qualità.

La durata dell’ospedalizzazione varia dai 5 ai 10 giorni.
Il paziente inizia la mobilizzazione dell’arto all’indomani della chirurgia e inizia immediatamente la deambulazione con l’ausilio di due bastoni canadesi di cui si servirà per circa 30 giorni.

A recupero avvenuto, non vi saranno limiti alle attività della vita quotidiana e sarà possibile una discreta attività sportiva, in palestra, in bicicletta o in piscina con esclusione degli sport pericolosi o delle attività che richiedano allenamento con corsa e salto.
E’ necessario capire che una protesi articolare serve per una vita normale senza dolore e non per vincere una competizione, in quanto nessuna protesi può ricreare l’articolazione naturale del paziente.
Attualmente l’affidabilità di questa chirurgia ha permesso di estendere anche a fasce di pazienti in età ancor giovane, la possibilità di soluzione di patologie degenerative (artrite reumatoide) o di malformazioni congenite o, anche in considerazione della ormai grande esperienza dei chirurghi ortopedici, nella chirurgia di revisione di impianti ormai falliti e grazie all’enorme sviluppo tecnologico che ci permette di affrontare le difficoltà tecniche insite in questo campo, con devices e strumentazioni idonee per le situazioni più complesse.

La lega di cui è costituito l’impianto è il titanio che è il metallo più idoneo in quanto, data l’elevato modulo di elasticità il più adatto a sopportare gli stress in flessione e torsione cui l’anca è sottoposta. Inoltre. Esso ha una alta bio-compatibilità.
Nel caso del ginocchio, il cromo-cobalto risponde meglio alle esigenze di resistenza in compressione, proprie di questa articolazione.

Altro argomento fondamentale è la scelta della coppia di frizione, cioè dell’interfaccia propriamente articolare. Si è data molta importanza alla coppia ceramica-ceramica, in quanto più resistente all’usura e si è a lungo ritenuto che fosse la scelta elettiva nel caso di pazienti giovani. In realtà, la coppia ceramica-ceramica, non è esente da problemi, soprattutto laddove si presenti la necessità di rimuovere la protesi e, al giorno d’oggi, la disponibilità di polietilene reticolato, ad altissima resistenza, fa sempre più propendere per questa soluzione, in quanto meno problematica in caso di re-intervento e senza rischio di rottura, in seguito a caduta del paziente (come nel caso della ceramica).

Gli insuccessi (3-5%) sono essenzialmente legati alla possibilità di una infezione dell’impianto, malgrado la accurata profilassi antibiotica, pre e post-operatoria, la rigorosa preparazione asettica del campo operatorio.
Altra possibile causa di insuccesso sono la mobilizzazione della protesi, precoce o relativamente precoce.
In queste due circostanze (rispetto alle quali nessun chirurgo al mondo è esente), è necessario un secondo intervento per risolvere la situazione.
Possibili, ma meno frequenti complicanze sono: la possibilità (risolvibile al momento, senza eccessive difficoltà) di una frattura in corso d’intervento o il verificarsi di tromboflebiti post-operatorie, nonostante la profilassi effettuata per almeno 4 settimane, dopo l’intervento.

Si tratta dunque di una chirurgia importante, ma non particolarmente preoccupante, che garantisce un’altissima percentuale di eccellenti risultati, se in mani esperte di chirurgi seri e rigorosi. Può tranquillamente essere effettuata attraverso un’incisione mini-invasiva, se il morfotipo del paziente e la patologia di partenza dell’articolazione lo consentono, poiché non sempre la mini-invasività può garantire un successo certo, in casi particolarmente difficili.

Indicazioni all’impianto protesico:

coxartrosi primaria; coxartrosi conseguente a displasia congenita, M. di Perthes, sequele di epifisiolisi, coxartrosi conseguente a patologie reumatologiche (artrite reumatoide); fratture del collo del femore e sequele traumatiche (callo vizioso), necrosi della testa femorale.

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