Chirurgia percutanea dell’avampiede

Per chirurgia percutanea si intende una metodica chirurgica non convenzionale, praticata attraverso incisioni quasi puntiformi, dell’ordine di circa 5 mm, con uno strumentario dedicato ed eseguita sotto controllo radiografico televisivo.

I vantaggi sono: la minima invasività, la possibilità di eseguire l’intervento in anestesia locale e in regime ambulatoriale o di day hospital, il dolore molto ridotto, la possibilità di essere autonomi immediatamente nella deambulazione, i ridottissimi costi sanitari per le strutture che la effettuano e l’eccellente risultato estetico.

Inoltre, in caso di complicanze (comuni a tutti gli interventi chirurgici, seppur in misura notevolmente ridotta, o di insuccesso, la chirurgia percutanea dell’avampiede non preclude nessuna possibilità a interventi successivi, sia ulteriormente percutanei, che tradizionali.
Bisogna sottolineare che ciò che si effettua in chirurgia percutanea non è differente da quanto si è sempre praticato in chirurgia tradizionale. Ciò che si esegue “all’interno” è esattamente ciò che si eseguiva precedentemente a cielo aperto o con mini incisioni. Cambiano solo le modalità tecniche e strumentali per l’esecuzione a cielo chiuso del gesto chirurgico.

Per questa ragione risultano incomprensibili le resistenze e gli attacchi da parte della maggioranza dei chirurghi del piede, sia in Italia che all’estero, con la motivazione che la chirurgia percutanea applicherebbe la stessa tecnica correttiva a tutti i tipi di patologia, indipendentemente dal paziente e dalle necessità. Questa affermazione è totalmente falsa, in quanto non esistono due piedi uguali fra di loro e l’esecuzione dell’intervento , con tecnica percutanea, deve tenere conto di ogni particolarità e sceglier in ogni singolo caso il tipo di gesto da effettuare.
Questa polemica sterile e dettata più dal fatto che in molti non sanno eseguire questo tipo di intervento, ricorda esattamente la resistenza di quei chirurghi del ginocchio che gridarono allo scandalo quando i più giovani iniziarono ad eseguire i primi interventi in artroscopia.

Oggi sarebbe del tutto inconcepibile operare un menisco per via tradizionale, allora, durante le prime artroscopie, perfino maestri illuminati e rivoluzionari, come il Prof. Bousquet, si affacciavano alla sala operatoria e ci dicevano: “Quando avrete finito di guardare dal buco della serratura chiamatemi e verrò a togliere il menisco”.

Gli svantaggi della chirurgia percutanea dell’avampiede, che trova la sua massima applicazione nel trattamento chirurgico dell’alluce valgo, delle dita a griffes e delle sindromi da iperpressione dei metatarsi, sono legati essenzialmente alla possibilità di operare con un certo tipo di strumentario, di avere a disposizione un fluoroscopio che è uno strumento radiologico a scarsissima emissione di raggi e, soprattutto, ALLA DIFFICOLTA’ DELLA CURVA DI APPRENDIMENTO” che richiede un accurato training, lo sviluppo di una ottima manualità operatoria, lunga esperienza in chirurgia tradizionale e tanta umiltà.

All’inizio, a vedere operatori esperti, sembra tutto semplice, con una durata media dell’intervento di 10 minuti, ma ci si rende presto conto delle difficoltà: eccessi o difetti di correzione, edemi (gonfiori) post-operatori, piccole ustioni cutanee da uso improprio della velocità dell’o strumentario. Solo dopo i primi 100 caso si comincia ad acquisire una esperienza tale da rendere affidabile il chirurgo.

Altro rischio, purtroppo non trascurabile, è l’attrattiva della cosmesi legata a quest’intervento che ha visto fiorire alcuni operatori, in giro qua e là, senza nessun training specifico e che si sono improvvisati chirurghi percutanei per aver visto operare il sottoscritto o qualcuno dei pochi colleghi che in Italia eseguono questo tipo di chirurgia, per una o due volte.

Alla Clinica Malzoni, presso la quale dirigo il reparto di Ortopedia e Traumatologia, abbiamo iniziato la chirurgia percutanea nel 2001, dopo aver conosciuto gli ideatori della tecnica, il Dr. Mariano de Prado, di Murcia (Spagna) e il Dr. Steven Isham (USA), nel 1999.
Ci siamo recati più volte sia da Mariano De Prado a Murcia che a Città del Messico, dove Isham si reca mensilmente per operare, sia ai vari corsi teorici e pratici su cadavere, a Barcellona, organizzati dagli stessi, sotto l’egida della Scuola spagnola di chirurgia del piede, di Ramon Viladot, fratello del più celebre caposcuola Antonio Viladot.

Dal 2001 ad oggi abbiamo eseguito circa 1100 interventi, con risultati progressivamente migliori, a mano a mano che la nostra esperienza cresceva. Dal 2009 siamo in contatto con i Chirurghi francesi del gruppo “Talus” (la scuola francese è la scuola dalla quale provengo, dopo 9 anni di permanenza in Francia durante la mia formazione)) che in maniera molto seria hanno affrontato i problemi della chirurgia percutanea definendo con precisione i limiti delle indicazioni.

Attualmente lo staff della Clinica Malzoni vede operare : Ernesto Pintore, Enrico Lanzara, Nicola Lombardi, Luciano Mileo e Raffaele Pastore, tutti ormai esperti in questa tecnica.
Possiamo dire quindi di essere stati i primi ad avere importato e adottato la tecnica percutanea in Italia, seguiti da pochissimi altri amici (non ne ricordo più di 5) in Italia.

Naturalmente questa tecnica è solo uno degli aspetti della nostra attività che è rivolta soprattutto alla chirurgia protesica dell’anca e del ginocchi e alla chirurgia dello sport.
Fortunatamente la problematica dell’alluce valgo, raramente riguarda gli sportivi, essendo soprattutto una patologia femminile legata a vari fattori, ma non sono mancate alcune ballerine e altri atleti, del calcio, del judo ecc.